Un’analisi delle diverse note pubblicate dal Dicastero del Lavoro che fanno chiarezza sull’art. 71 del codice del Terzo settore, dalla definizione dell’ambito di applicazione, le possibilità e i limiti di utilizzo e le specifiche applicazioni per gli enti religiosi rispetto alle attività di culto
Nel lungo periodo “transitorio” della riforma del Terzo settore, alla cui piena operatività manca ancora l’Autorizzazione europea necessaria per la completa entrata in vigore di tutto il Titolo X del codice del Terzo settore – quello della disciplina fiscale degli enti del Terzo settore (Ets) –, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali continua a rispondere ai molti quesiti sull’interpretazione di numerosi aspetti della “nuova” disciplina.
Tra questi segnaliamo la previsione in forza della quale “le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica” (art. 71, c. 1 del codice del Terzo settore).