È stata inaugurata a Modena Casa di Rut, progetto di accoglienza e reinserimento sociale promosso dall’associazione Porta Aperta per donne sole e senza dimora, la prima esperienza di questo genere in città. In un appartamento preso in affitto da Porta Aperta, in una zona residenziale della città, saranno accolte cinque donne che condivideranno gli spazi, in uno stile di corresponsabilità: dalle pulizie degli ambienti comuni al riordino delle camere, dalla spesa ai turni in cucina al lavaggio degli indumenti. La prima ad entrare a Casa di Rut è una signora modenese di 53 anni: «Si tratta di persone inviate dai Servizi Sociali del territorio o che sono passate per la Comunità di Transito gestita dalla nostra associazione – spiega Alberto Caldana, presidente di Porta Aperta Modena – Sono donne in parte sole, in difficoltà, senza fissa dimora, a volte con trascorsi di violenze domestiche o di abuso di sostanze. Tra loro, c’è anche una signora che faceva la badante, ha sempre lavorato ma ora è sola e non è più in grado di provvedere alle sue necessità». A Casa di Rut queste signore troveranno non solo una soluzione abitativa: affiancate da educatori professionali e da volontari, affronteranno anche un cammino di reinserimento sociale e lavorativo: «Ognuna avrà un progetto a sé, personalizzato – precisa Caldana – Il percorso è di un anno con possibile proroga: se qualcuna di loro in questo periodo riuscirà, con l’aiuto degli operatori, a trovare una propria autonomia di vita e abitativa, ci sarà un turnover delle persone ospitate».
L’iniziativa si svolge nel contesto del Bando Crowdfunding della Fondazione di Modena; è sostenuta da Fondazione Banco San Geminiano e San Prospero con una donazione di 15mila euro destinata agli arredi della casa e alla copertura di parte delle spese di gestione, e da Cremonini S.p.A.. Modena Volley, inoltre, ha ospitato la cena di beneficenza “Tutti in campo per Porta Aperta” che ha permesso a Porta Aperta di raccogliere altri 14mila euro da destinare al progetto.
«Accogliere e proteggere, aiutare donne senza fissa dimora a riprendere il corso della propria vita attraverso un’esperienza tutelata, di comunità, è meritorio per diverse ragioni etiche, sociali e umanitarie – commenta Silvia Menabue, Consigliera di Amministrazione di Fondazione di Modena – Attraverso programmi di assistenza e supporto, si contribuisce a ridurre l’emarginazione sociale, offrendo alle donne l’opportunità di ristabilire connessioni con la comunità e di partecipare attivamente alla società, di mettere a disposizione le proprie capacità di fare e di pensare. L’occasione di ricostruire le proprie vite in modo sostenibile, con le proprie forze, è preziosa. Il valore aggiunto di questo impianto risiede nel vedervi partecipare non solo partner di progetto ma anche tante cittadine e cittadini che, attraverso il crowdfunding, hanno voluto contribuire».
«Siamo orgogliosi di far parte di questo progetto che pensiamo possa rappresentare un modello di accoglienza di ispirazione per tante altre realtà solidali – ha dichiarato il Presidente della Fondazione Banco San Geminiano e San Prospero, Claudio Rangoni Machiavelli presente all’inaugurazione insieme al Responsabile Direzione Emilia Adriatica di Banco Bpm, Adelmo Lelli – L’inclusione sociale è uno dei valori che ci guida nella scelta della destinazione dei fondi e, grazie anche al supporto di Banco Bpm, continueremo a impegnarci su questo fronte a fianco di associazioni che, come Porta Aperta, lavorano concretamente a favore delle persone più bisognose».
«Come Amministrazione comunale – ha affermato l’assessora alle Politiche Sociali del comune di Modena Roberta Pinelli – siamo lieti di poter condividere l’inaugurazione di una sperimentazione così importante, che mira non solo a contribuire ai servizi di accoglienza messi in campo in questa fase dell’anno per far fronte all’emergenza freddo, ma anche alla possibilità di offrire alle donne ospitate un progetto di evoluzione positiva per la loro vita. Mi auguro che attorno a questo progetto nasca una rete di volontariato ampia e diversificata, trattandosi di persone che possono rimettersi in gioco ed evolvere verso la piena autonomia, se ben sostenute dalla comunità».